domenica 18 dicembre 2022

Oltre La frontiera del drago

I quattro grandi romanzi della letteratura classica cinese sono comunemente ritenuti dagli studiosi i più importanti, quelli cioè che hanno avuto la maggiore influenza sulla letteratura tradizionale cinese e asiatica. 
Inutile dire come e quanto abbiano influenzato l'immaginario, non solo quello letterario, e in generale la creatività culturale asiatica. 
Alle vicende e ai personaggi di questi romanzi si sono ispirati film, manga, cartoni, telefilm, giochi, partendo dal Celeste Impero per toccare svariate parti dell'Asia, incluso il vicino Giappone.

I quattro grandi romanzi classici sono:
[1]
"Il romanzo dei Tre Regni" (Sangokushi), forse l'epopea più famosa, un'opera che, nel corso dei decenni, venne adattata in un famoso manga, per non parlare dei vari film e sceneggiati a tema.
In Giappone, nel 1978, "Il romanzo dei Tre Regni" si tradusse in una serie manga disegnata da Mitsuteru Yokoyama (per capirci, l'autore di "Sally la maga", "Super Robot 28", "Giant Robot" e "Babil Junior"), basata sulla rivisitazione che Eiji Yoshikawa (l'autore del romanzo "Musashi", su Musashi Miyamoto) fece del classico letterario cinese del quattordicesimo secolo. 
A maggio 2020, pare che il manga avesse superato la soglia ottanta milioni di copie, diventando una delle serie più vendute di tutti i tempi.

[2]
"Viaggio a Occidente" (Saiyūki) narra del dispettoso scimmiotto Son Gokū
, una storia adattata e rivisitata in tutte le salse. Per quanto riguarda le serie animate che ricordo io, basate su "Saiyūki", cito "The Monkey" e "Starzinger", per non menzionare l'ispirazione che diede a Toriyama per il suo "Dragon Ball".

[3]
"Il sogno della camera rossa" (Koromu) di cui confesso non sapere praticamente nulla, se non che ci fecero un film qualche anno fa.

[4]
Infine, "In riva all'acqua" (Suikoden), un romanzo che narra l'avventurosa epopea di una banda di briganti dal cuore d'oro, impavidi combattenti ed espertissimi nelle varie arti della guerra, gente sempre disposta a proteggere gli indifesi dai funzionari corrotti e dai subdoli aristocratici della Cina di mille anni fa.

Molto, molto tempo fa, incuriosito, mi recai in un Book-off e sfogliai il primo degli otto albi del manga "Suikoden" di Mitsuteru Yokohama, pubblicato nel lontanissimo 1967.
Lo trovai abbastanza interessante e movimentato, ma altrettanto ostico. 
Era zeppo di ideogrammi difficili e di balloon interminabili, tanti discorsi fitti e una caterba di nomi cinesi che avrei fatto fatica a ricordare.
Decisi quindi di rinunciare e non toccai il secondo volume. Non era il mio genere. Ero arcisicuro che non sarei mai riuscito a terminare la lettura.

[In Italia]
Suikoden, da noi è conosciuto soprattutto come il telefilm dal titolo "La frontiera del drago".
In Italia venne trasmesso all'inizio degli anni Ottanta da Reteuno e poi, mi pare che venne ritrasmesso pure da Telemontecarlo. La prima a farlo esordire in Europa, tuttavia, fu la BBC. In Inghilterra lo videro già nel 1976, da noi quattro anni dopo, nel 1980.
Ricordo che andava in onda subito prima di "Mazinga Z", sulla prima rete RAI e il sottoscritto si sorbiva il finale di ogni puntata nell'attesa che partisse l'agognato episodio del robottone di Nagai.
Era di sicuro il 1981 e probabilmente quell'edizione de "La frontiera del drago" era una replica.
Ricordo anche che circolava un album di figurine dedicato. Ma, visto che alla Panini regalavo già un sacco di soldi per robot e calciatori, non era il caso che mi imbarcassi pure in una raccolta del genere.
Se le dedicarono persino un album Panini, immagino che, tutto sommato, questa serie abbia avuto un discreto successo in Italia.

[In Giappone]
Nel 1973, la Nippon Television produsse una serie di 26 puntate di 50 minuti l'una con gli attori Atsuo "Monjiro" Nakamura nel ruolo di Lin Chong (Rin Chu, in giapponese), che assunse il ruolo di personaggio principale della serie, ma non lo era nell'opera originale; poi, Sanae Tsuchida nel ruolo dell'impavida Hu Sanniang (Terza Sorella Hu); infine, Kei Satō in quello del malvagio Gao Qiu (che in giapponese divenne Kao Kyu).

"La Frontiera del Drago", come fu tradotto nella versione italica, venne prodotto come programma commemorativo per la Nippon Television per festeggiare il suo ventesimo anniversario dalla fondazione.
Fu il primo adattamento televisivo di un capolavoro letterario classico cinese che nemmeno l'industria cinematografica fino ad allora era riuscita a realizzare con profitto. 
Gli esterni vennero filmati in loco, nella Cina impenetrabile degli anni Settanta, e pare sia stata la prima co-produzione con un paese non comunista (per di più, l'odiato Giappone!).

analogie tra manga e telefilm
Un appunto: la serie non si basò direttamente sull'opera originale cinese, bensì sul manga di Mitsuteru Yokohama, pubblicato in otto volumi, tra dicembre 1969 e settembre 1971. 
Il quale, fu sì un adattamento a fumetti del classico cinese (fu la prima opera storica di Yokoyama sulla Cina), ma presentò alcune parti originali che ne alterarono lo sviluppo. 
Infatti, sebbene abbastanza fedele alla trama originale, il manga venne compattato per risultare più digeribile al target di riferimento (shonen, quindi ragazzini), senza risparmiare modifiche e omissioni. 
In particolare, a causa del pubblico giovane della rivista che ospitava la serie, Yokoyama dovette rinunciare a disegnare la maggior parte delle scene riguardanti massacri, avvelenamenti, crudeltà e sesso, che invece sono presenti nel romanzo.

[errori]
Purtroppo, forse a causa della mancanza di ricerche e di approfondimenti, pare che gli sceneggiatori dell'epoca commisero alcuni fastidiosi errori che indispettirono i fan di "Suikoden". 
Per i puristi giapponesi dell'opera, il telefilm partì già zoppo. Tuttavia, agli occhi del grande pubblico, quegli errori non inficiarono la storia e lo sceneggiato ebbe un successo strepitoso in patria.
In primis, la trama addomesticata. Poi, i nomi cambiati, a partire dal protagonista Lin Chong "Testa di Leopardo", che in giapponese divenne Rin Chu
Inoltre, egli assunse il ruolo di leader del gruppo, mentre nel romanzo non è propriamente il personaggio principale.
Nel romanzo, l'indomita Hu Sanniang (la sorella della moglie suicida del protagonista), che in teoria appare soltanto a metà storia, venne presentata fin da subito come l'eroina dello sceneggiato per dare spazio a Sanae Tsuchida, l'attrice principale.
Per contro, a causa del superbo cast, molti personaggi appaiono una volta per poi finire nel dimenticatoio. Ma, d'altronde, c'erano troppi eroi da rappresentare...
Un cast allargato dunque, per una trama intricatissima. I costumi, le armi e gli oggetti di scena vennero tutti realizzati ex-novo per quest'opera unica, incluso il grande set di una città cinese appositamente costruito per le riprese in Giappone. Fu un colossal senza precedenti nel mondo televisivo giapponese dell'epoca.

Il romanzo narra le gesta di 108 eroi che in origine erano altrettanti generali demoniaci banditi da una divinità suprema. 
Dopo essersi pentiti durante il loro esilio, i generali si trasformano in meteore che vengono espulse dalla prigionia e rinascono nel mondo appunto come 108 eroi, uniti per la causa della giustizia. 
La maggior parte dell'opera descrive le vite di questi uomini e donne e di come si riunirono sul Monte Liang per ribellarsi contro le forze del male che controllavano la corte dell'allora dinastia Song. 
A quel tempo, pare che la Cina fosse effettivamente afflitta dalla peste e dalla politica corrotta, e la gente comune soffriva a causa delle pesanti tasse e del lavoro massacrante.
Ne "La Frontiera del Drago" i protagonisti sono dunque alcuni di questi fuorilegge, i quali si ribellano al sistema marcio che genera dilagante corruzione, sorretti da un principio comportamentale di leale cavalleria.
Perciò, agiscono di buon cuore per aiutare i deboli in nome della giustizia del cielo (non quella terrena, visto che erano briganti e pare si concedessero parecchi momenti di baldoria).

Nel telefilm non mancano i ​​combattimenti 
dinamici con la spada tipici delle arti marziali cinesi, uniti all'emozionante drammaturgicità in stile orientale, che non disdegna l'utilizzo di tattiche bizzarre.
Gli eroi sono tali, ma lo sono grazie all'incredibile autodisciplina, a tratti fiabesca, che permette loro di mozzare arti e teste con un solo colpo di spada, di compiere balzi in aria di parecchi metri, di duellare con ostici avversari anche per giorni interi.
Quando il protagonista Rin Chu affronta il bendato Yo Shi, un guerriero prode e sbruffone, fedele all'imperatore, i due combattenti incrociano le spade e rimangono immobili a studiarsi. 
Nel manga rimangono così per un paio di giorni, in attesa di un eventuale attimo di fatale distrazione dell'avversario, senza spostarsi di un millimetro. 
Né l'uno batte ciglio quando un ragazzino tra il pubblico assiepato gli scaglia una pietra, né l'altro ne approfitta vigliaccamente per colpirlo. 
I guerrieri che a mano a mano si incrociano nel telefilm, nutrono un edificante rispetto reciproco. Anche se si battono in maniera pittoresca coi rivali, sono legati dal comune odio per i malvagi.

La trama è a tratti spietata come esigevano molti copioni di quei primi anni Settanta. Shoran, la sposa dell'esiliato Rin Chu, non riesce a sfuggire alle brame del corrotto Kao Kyu -come invece vorrebbe una storia a lieto fine- e finisce per suicidarsi dalla vergogna.
"La frontiera del drago", oltre a costumi ricchissimi e paesaggi spesso raffinati, conta poi su un narratore fuori campo che colora ogni puntata con frasi mistiche del tipo "così disse Confucio...".

[trama]
Già dalla prima puntata ha luogo un turbillon di nomi e personaggi: nell'era della dinastia Song, al posto del retto Koen Shaku (Tetsuro Tanba) viene nominato comandante in capo della Guardia Imperiale l'ambizioso Kao Kyu (Kei Sato).
Kao Kyu spoglia immediatamente il prode Rin Chu (Atsuo
 Nakamura) del suo status militare mentre è in isolamento. In realtà, tra Kao Kyu e Rinchu erano sorti vecchi contrasti a causa della moglie di Rin Chu, Shoran (Kayo Matsuo). 
Il vendicativo e rancoroso Kao Kyu non si accontenta di privare Rin Chu del suo status militare, quindi gli tende un'altra trappola e lo costringe all'esilio a Cangzhou in modo da insidiare la moglie senza impedimenti. 
Rin Chu decide di rifugiarsi nei pressi del fiume che costeggia il monte Liang (da qui il titolo "In riva all'acqua").

Siamo dunque in riva all'acqua, nell'umidità delle paludi e delle foreste della Cina, e intanto la compagnia si allarga arruolando altri banditi e giocolieri, mendicanti e insorti, spadaccini e viandanti. 
Si aggregano nel corso delle puntate altri briganti retti e reietti, diventati fuorilegge per scelta, per caso o per sventura, i quali si uniranno in un piccolo esercito che dovrà contrastare le trame malvagie di Kao Kyu. 
Nel frattempo, i briganti dal cuore generoso, mossi dalla vendetta, attaccano i palazzi dei ricchi mandarini, saccheggiano i convogli d'oro, derubano i funzionari corrotti, trafiggono i monaci corrotti, aiutano vedove e orfani.

[conclusione]
Alla fine, la storia si chiude in maniera completamente diversa dall'originale, tipo che Kao Kyu, il principale antagonista -che ambiva a spodestare l'imperatore per fondare la propria dinastia- oltreché nemesi del protagonista, verrà ucciso proprio da Rin Chu dopo che il battaglione di eroi si è infiltrato nella capitale per dare il colpo di grazia ai corrotti e proteggere la città e l'imperatore.

L'esotismo e l'unicità de "La frontiera del drago" hanno affascinato oggi molti 'giovanotti' sulla cinquantina.
Tuttavia, credo che senza il background specifico e un minimo di conoscenza della storia di base, sia impossibile apprezzarla come, invece, accadde e accade tutt'ora in Giappone.

Il maestoso poster che pubblicizzava la serie nel 1973 (in onda ogni martedì sera alle 21:00)









2 commenti:

  1. Ehi sei stato velocissimo!
    Data la mole di romanzo, background e serie televisiva, pensavo che il post ti avrebbe richiesto un mesetto!
    In rete si trova poco e grazie al tuo articolo ho approfondito i miei ricordi. Grazie.

    In Italia il romanzo originale ha anche ispirato Magnus (il disegnatore di Alan Ford e lo Sconosciuto) per una delle sue ultime opere I Briganti.

    Devo dire che anche io guardai la replica del 1981, probabilmente in quanto come te aspettavo Mazinga Z, ma col tempo mi appassionai del telefilm, anche se....non ci capii proprio nulla.
    Mi piaceva l'ambientazione e l'atmosfera epica, ma non riuscivo a distinguere i personaggi! Neanche il loro numero!
    Ricordo che nell'ultima puntata vissi un momento di epifania: nel finale c'è una carrellata di spezzoni con tutti i personaggi e io rimasi stupito. Ero abituato a narrazioni per bambini con massimo una decina di parti, invece qui erano probabilmente una cinquantina. Benché confuso, riconobbi che nella mia vita reale c'erano ben più di dieci persone importanti e quindi mi convinsi che un buon romanzo o una storia realistica dovesse avere molti ruoli. Mi promisi quindi che - sebbene con La frontiera del drago non mi fosse riuscito - in futuro avrei fatto più attenzione alle storie, anche se più complicate e piene di sottotrame e personaggi.
    In effetti anche oggi privilegio storie complesse e/o con molti protagonisti (tipo Lost per dire).

    Mi sono anche ripromesso dopo questo tuo articolo di rivedere La frontiera del drago, ma l'unica fonte che ho trovato è su youtube la serie in Inglese non sottotitolato...forse durante la pausa natalizia...vedremo.

    Che altro dire?
    Quindi nel 1981 aspettavi Mazinga Z sorbendoti La frontiera del drago.
    Per caso ti ricordi anche di Prigionieri delle pietre?
    Non ha niente a che fare col Giappone, è solo una mia curiosità.

    Ciao
    Giù

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    1. Ciao Giù, grazie del commento.

      In realtà non è che abbia approfondito più di tanto. Mi sono limitato a confrontare i pochi ricordi che avevo con le fonti giapponesi che ho recuperato in giro.
      Di "mio" ho messo i ricordi sparsi di quel 1981, certi pomeriggi davanti alla Reteuno, Mazinga Z, il manga e l'album di figurine. Oltre a qualche immagine scolorita (dovuta alla tv in bianco e nero) di guerrieri che si affrontavano a piedi o a cavallo.

      La cosa di Magnus non la sapevo. Interessante, perché all'epoca mi è capitato spesso di leggere qualche "Alan Ford". Anche se la parte del leone la facevano "Il Giornalino", "Topolino", "Tex", "Zagor" e "Mister No".

      Mi chiedi de "I Prigionieri delle Pietre"?
      Mamma mia, cosa mi hai fatto ricordare!
      Ero letteralmente terrorizzato da quel telefilm. Le musiche, poi, con tutti quegli ululati e quei lamenti... Credo di averne visto una decina di minuti in tutto, non di più.
      Lo avevo inserito nella categoria "programmi da cui stare alla larga per non avere incubi", insieme a "Belfagor" e "Il Prigioniero". Quest'ultimo l'ho rivisto di recente, su YouTube, e devo ammettere di essermi ricreduto: mi ero perso una serie coi fiocchi!
      Quindi, a "I Prigionieri delle Pietre" credo proprio che darò un'occhiata. Grazie della dritta. Invece, per "Belfagor" niente da fare, che rimanga chiuso a chiave nel mio cassetto mentale.

      Ora sto preparando qualcosa su "Gamba", un cartone che vidi di sfuggita negli anni Novanta, ma che mi impressionò per com'era confezionato.
      A risentirci, ciao!

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